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Realtà e illusione tra moda e teatro

Aggiornamento: 14 mar

L’espressione creativa degli abiti ha sempre manifestato in qualche modo un istinto teatrale anche fuori dal palcoscenico, rivelandosi come un sentimento innato, quasi primitivo, del concetto stesso di costume. 

Nella maggior parte dei casi il teatro diventa solo un aspetto velato della forma dell’abito, mentre in altri, più specifici, a plasmare il suo “aspetto” è la moda stessa con i suoi creativi, trattandosi di due universi che si compenetrano, si interpretano e si affascinano l’un l’altro. Spaziano, quindi, prima i couturier poi i designer dal creare costumi appositi per balletti e opere, al portare il teatro nelle passerelle, trasformando gli eventi mondani in veri e propri spettacoli, esibizioni e performance

Il legame che li unisce è naturalmente basato su un modo di comunicare fatto di espressività visiva, ma anche di trasformazione e soprattutto di innovazione: la moda, così come il costume teatrale, è connaturata alla nostra esistenza, diventando l’inevitabile riflesso del tempo e del pensiero artistico.



In questo rapporto, il punto di svolta effettivo si concretizza quando nel 1909 Sergej Diaghilev debutta a Parigi con Les Ballets Russes. Questo evento non solo segna un cambiamento nel mondo della danza, ma trasforma radicalmente la moda, portando in scena, anche grazie all’aiuto di Leon Bask, un’ondata di folklore orientale, fatta di colori e fantasie applicati nelle scenografie in modo spregiudicato. Questo, insieme agli abiti indossati dalle ballerine in scena (diametralmente in opposizione a quelli dell’epoca) innesca in couturier come Paul Poiret un desiderio di cambiamento che lo influenza prima a collaborare con il mondo del teatro e in seguito a plasmare una rivoluzione della moda femminile di quel secolo. 


Come lo fa? Toglie il corsetto liberando definitivamente i movimenti delle donne e del loro corpo, aprendo così la strada alla sua più grande erede, Coco Chanel. 

Rivoluzionando la moda, veste tutte le donne più ribelli e influenti dell'epoca: dall'attrice Gabrielle Réjane alla socialite Ida Rubinstein; dalla ballerina Isadora Duncan, alla marchesa Casati, passando per la contessa Greffulhe. Tutte amano un cosa del couturier: la libertà concessa attraverso degli abiti che erano finalmente privi di stringenti strutture. Così, con le collaborazioni di Poiret con il mondo del teatro e opere come L'après midi d'un faune di Claude Debussy, la sinergia tra i due mondi viene gradualmente alimentata, tra il rinnovamento dell’estetica del teatro e la rivoluzione della moda occidentale andando a creare uno scambio longevo e simbiotico.


Questo rapporto trova ancora una volta voce quando Jean Cocteau affida a Coco Chanel la realizzazione dei costumi della tragedia dell’Antigone datata 1922 che segna un punto fondamentale nel teatro d'avanguardia e nella moda concettuale. Il successo dell’opera porta due anni dopo nel 1924 Coco ad occuparsi anche degli abiti de Le Train Bleu, balletto commissionato da Sergej Diaghilev sul soggetto di Cocteau. Un legame che negli anni è rimasto saldo e che trova la risultante negli abiti disegnati dalla maison per il balletto dell’Opéra di Parigi. 



Nel contemporaneo le case di moda si trovano ancora a collaborare con i teatri, ma ora le vere rivoluzioni avvengono in passerella:  questo succede  quando designer come Jean Paul Gaultier, John Galliano e Alexander McQueen trasformano le loro collezioni in vere e proprie performance plateali. 


L'enfant terrible (epiteto attribuito a Jean Paul Gaultier) ha sempre espresso nelle sue creazioni quanto questi due mondi facessero parte in realtà di un'unica visione della creatività.

“Sognavo fin da piccolo di creare un giorno un dialogo tra il mondo dello spettacolo e quello della moda.” racconta in un'intervista all’Officiel Italia. 

Così, trasforma prima le sue sfilate in veri spettacoli, provocatori e travolgenti, dove l’abito si fonde perfettamente con la scenografia e il soundtrack; poi abbandona le passerelle e approda sul palcoscenico con il Fashion Freak Show - 50 years of pop culture through the eyes of fashion’s enfant terrible, debuttato a Parigi nel 2019.

“Quando ho deciso di concludere la mia carriera e creare il Fashion Freak Show, è stata una scelta conscia quella di cambiare, presentando la moda al pubblico in un contesto più spettacolare ed esuberante.”


Ma il rapporto tra teatro e moda  si esemplifica in modo ancora più emblematico nei due designer britannici, Galliano e McQueen.

Il primo, durante la sua carriera, non ha mai mancato l’occasione di  mettere in atto sulle passerelle la sua spettacolare rappresentazione artistica, dando vita a delle incomparabili performance di teatralità barocca ed eccentricità, che scandiscono negli anni le sue collezioni Haute Couture prima per Dior poi per Maison Margiela. Le scenografie suggestive accompagnano gli abiti sontuosi, indossati da modelli-attori in movimento all’interno dello spazio scenico. In questa atmosfera sublime lo spettatore si trova ad assistere religiosamente ad una sfilata che assume il tono di opera teatrale. 



Una situazione analoga si manifesta anche nelle sfilate di Alexander McQueen, dove il susseguirsi di abiti ritma il tempo della sfilata come gli atti di un'opera teatrale e le scenografie elevano alla potenza questa sensazione. Rimangono nella storia alcuni momenti in cui le sue défilé raggiungono una esasperata platealità; prima tra tutte è sicuramente Joan, sfilata ispirata alla figura di Giovanna D’Arco, dove nel mezzo della passerella la modella rimane imprigionata in un cerchio di fuoco. La segue N° 13, chiusa dalla performance di Shalom Harlow, che bloccata su una pedana rotante, si trova disarmata di fronte all'azione di robot meccanici che la spruzzato di vernice: era il 1999 e nessuno aveva mai raccontato il rapporto tra uomo e tecnologia sulle runway in questo modo drammaticamente teatrale e al contempo sconcertante.



Il teatro entra nelle creazioni di McQueen e calca le sue passerelle dal primo momento in cui si presenta al mondo come designer, ma a consacrarlo anche sul palcoscenico è la collaborazione che lo porta a realizzare i costumi per Eonnagata un dramma di Robert Lepage, Russell Maliphant e Sylvie Guillem del 2009. 

Costumi, abiti e storia di due secoli tengono spesso celato il legame che unisce profondamente la moda e il teatro, due mondi ispirati dallo stesso principio primordiale: quello di mutare la realtà e trasformarla in illusione.

b.b.

3 Comments


D
7 giorni fa

Un articolo meraviglioso: interessante, educativo e magistralmente scritto

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Giovanna
Mar 16

Che bell'articolo!

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Sari
Mar 05

Molto interessante, complimenti!!

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