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Oliviero Toscani: una retrospettiva fotografica

Aggiornamento: 17 feb

Rubrica: Attivismo artistico


prete e suora 1991 Oliviero Toscani
Prete e suora, 1991

Oliviero Toscani nasce il 28 febbraio del 1942. Come nelle vecchie botteghe, impara l’arte della fotografia da suo padre Fedele, considerato un pioniere nel suo campo per aver scattato alcuni dei reportage più significativi della storia, quando i trucchi del mestiere non erano stati ancora svelati. A 14 anni, Oliviero pubblica la sua prima foto sul Corriere, scattata a Predappio in occasione della tumulazione di Mussolini: durante la cerimonia il giovane immortala la moglie Rachele Mussolini con un ritratto che entra nell’immaginario comune. Dopo essersi formato alla Kunstgewerbeschule, scuola Bauhaus a Zurigo, inizia fotografando ciò che vede per strada, seguendo le orme del padre e il filone del reportage fotografico.  I suoi primi lavori si devono all’attività sull’Europeo che gli permette di collaborare con firme quali Fallaci ed Eco. 


Negli anni ‘60, sostiene Toscani, la fotografia di reportage viene surclassata dalla narrazione televisiva degli eventi e sentendo mancare la necessità del racconto fotografico della realtà, l’autore inizia ad esplorare nuovi orizzonti:

“Il vero reportage era fotografare la moda e la minigonna, non le feste religiose in Sicilia. E io ho imparato a essere testimone del mio tempo.” 

Si interessa così alla fotografia di costume (che supera il vestiario, raggiungendo il modo di essere e vivere) e capisce ben presto di doversi spostare tra Parigi, New York e Londra per comprendere l’avanguardia della moda e della fotografia pubblicitaria, cosa che potrà fare gratuitamente dopo aver vinto il contest fotografico indetto dalla compagnia aerea Pan Am. 

Qui nasce una prima rivoluzione dalla visione di Oliviero Toscani: la fotografia di moda deve uscire dallo studio per raccontare una storia, deve diventare viva e dinamica.





Il fotografo inizia rapidamente ad affermarsi internazionalmente grazie alla sua visione fresca e radicale; ciò gli permette di frequentare il mondo delle celebrità, da Warhol a Jagger, che afferma di non aver mai considerato per il loro status, ma per la possibilità di confrontarsi con la loro visione artistica e le loro eccentriche personalità. Proprio attraverso questo sguardo è in grado di rivoluzionare i ritratti nel mondo della musica catturando immagini sincere e prive di fronzoli, come il ritratto di una non ancora famosa Patti Smith nel suo studio di New York e la fotografia di Lou Reed diventata poi la celebre copertina di Lou Reed Live.


Con l’avvento degli anni ‘70 i giornali di moda iniziano a dominare l’immaginario collettivo andando a braccetto col mondo pubblicitario. Toscani si definisce “terrorista della pubblicità” e sperimenta come nessun altro prima, togliendo il prodotto da vendere dalla pubblicità stessa:

“Ho scoperto che la pubblicità è il mezzo di comunicazione più ricco e potente che esista oggi. Quindi sento la responsabilità di dover fare di più che dire: ‘Il nostro maglione è bello’”.

Le immagini scattate per Benetton hanno segnato un cambiamento di rotta nella comunicazione mondiale; per farlo Oliviero Toscani rifiuta compromessi, negando ogni possibilità di collaborazione con creativi o agenzie pubblicitarie: la sua visione è chiara, prendere o lasciare. Da quel momento inizia il suo lavoro di attivismo riguardo i temi a lui più cari che riesce a esporre al grande pubblico grazie al mezzo della pubblicità, portando così l’arte politicamente impegnata fuori dai contesti di nicchia.





Le immagini sul tema del razzismo, non scontate per il tempo, sono state una ventata d’aria fresca nel mondo delle campagne di moda: a partire da Una coperta per tre che mostra una coppia lesbica interraziale con un figlio adottato (trattando così anche il tema delle famiglie omogenitoriali); fino ad una delle sue foto più simboliche e celebri, Cuori multietnici raffigurante tre cuori apparentemente umani a cui sono stabiliti arbitrariamente tre colori. Quest'ultima, più che una fotografia, è lo scatto di un concetto privo di ogni virtuosismo. La campagna fotografica viene affiancata dalla messa in onda, durante il programma MTV Music-non-stop, di alcuni video sul medesimo tema dal titolo I nuovi Italiani, realizzato da Fabrica con il coordinamento di Oliviero Toscani.





Durante gli anni ‘80 il tema dell’HIV è ancora un tabù, le persone muoiono, ma non se ne parla, i giovani maturano la necessità di sapere, vedere ed essere informati; proprio quando pare che nessuno abbia il coraggio di parlare dell'"elefante nella stanza", nei primi anni ‘90 Benetton rende pubblica la campagna di Toscani sull'AIDS. Tra gli scatti più celebri troviamo le foto a parti del corpo col tatuaggio HIV positive, il collage di fototessere che forma la scritta AIDS e le accattivanti fotografie ai preservativi colorati. L’attivismo non si ferma agli scatti, arrivando fin allo srotolamento di un enorme preservativo rosa shocking sull’obelisco di Place de la Concorde l’1 dicembre del 1993, per la prima giornata internazionale per la sensibilizzazione riguardo la malattia. 

La campagna divide l'opinione pubblica tra chi crede che sia uno sfruttamento commerciale di una situazione delicata e dolorosa e chi apprezza il gesto lodandolo come coraggioso. Il risultato è di certo una grande attenzione mediatica che porta alla sensibilizzazione dei più e costringe i piani alti a decidersi per trovare una soluzione veloce ed efficace al problema.





Nel 1997 Toscani decide di abbandonare la collaborazione con Benetton, ma prima di farlo vuole realizzare un’ultima campagna sulla pena di morte. Dopo più di tre anni e la collaborazione di molti avvocati per raccogliere i permessi necessari, viene pubblicata nel 2000 la campagna Noi, nel braccio della morte. Gli scatti mostrano decine di condannati in vari bracci della morte di carceri americani: l’obiettivo del lavoro è palesare che la pena di morte non deve essere solo una questione di etica, soggetto di discussione dei benpensanti, ma un tema vicino e vero che implica la vita di persone in carne ed ossa. Questo lavoro, oltre a essere uno dei più celebri, è probabilmente quello che ha suscitato il maggior scalpore, a tal punto da aver provocato un vero e proprio boicottaggio del marchio Benetton negli Usa.





Oltre al suo lavoro con Benetton, Toscani ha mantenuto in vita svariati progetti degni di nota, tra cui Colors, il primo editoriale ad uscire nella stessa versione in tutto il mondo, rigorosamente privo di VIP e news e Fabrica, un laboratorio per giovani creativi che egli esalta come unico mezzo per conoscere e comprendere l'attualità.


Partendo sempre dalla realtà, Toscani racconta attraverso le immagini degli squarci, spesso dolorosi, della contemporaneità, senza però mostrare i fatti in modo bruto e frontale; si pensi ad esempio alle fotografie che denunciano le atrocità della guerra: dalla divisa intrisa di sangue, al neonato in un elmetto, scatto che si propone di portare alla luce la questione dello stupro etnico nelle guerre balcaniche.


L’incoscienza, sostiene, è ciò che gli ha permesso di essere sincero e fedele a se stesso, accompagnando sempre il suo lavoro artistico all’impegno politico: pur essendo una figura non priva di ombre (d’altronde fondamentali per un fotografo) l’impatto di Oliviero Toscani sulla comunicazione pubblicitaria e non, ha segnato la nostra epoca come quello di pochi creativi prima di lui.




p.c.


2 Comments


Carlotta
Mar 14

Un personaggio che ha fatto la Storia. Bell'articolo!

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Sari
Jan 18

Articolo molto interessante e ben scritto, brave!!

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