La poetica di Ombra di fumo
- Marta Frugoni
- 12 dic 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 gen
Rubrica: Emergere

Giulia Soldi, in arte Ombra di fumo, è nata a Cremona nel 2000, dopo essersi formata presso il liceo artistico Stradivari, prosegue la sua istruzione frequentando l'Accademia di Belle arti di Brera. Distaccatasi dall'ambiente universitario, procede ad oggi la sua carriera da autodidatta, sperimentando sulla sua pelle cosa voglia dire essere un'artista emergente in Italia.
Com’è é stato formarsi all’interno dell’ambiente scolastico di una città piccola come Cremona? Ci sono state delle figure professionali che ti hanno indirizzata nel tuo percorso artistico?
A Cremona in generale c’è uno stile artistico prettamente accademico, durante il liceo mi è stata data una preparazione molto generale, dalla quale si possono ricavare davvero molte capacità, la pecca è che Cremona non offre la possibilità di continuare gli studi per specializzarsi. L’orientamento degli insegnanti stessi è verso accademie esterne, classiche e già affermate, si parla per esempio di Brera, della Laba o, per chi ha più disponibilità, della Naba… io ho provato a spostarmi, ma poco dopo mi sono accorta che volevo ritornare nella mia città: a Cremona c’è la mia casa e la mia famiglia, banalmente voglio che mia nonna possa vedere le mie esposizioni.
Ad oggi cerco in tutti i modi di creare contatti, una rete di conoscenze, soprattutto con artisti miei pari, cosa che ovviamente è difficile in una dimensione piccola come la mia. Di aiuti particolari non ne ho avuti, certo, ho esposto, ma con possibilità limitate: facendo arte astratta mi muovo in un mercato particolare, ora come ora il mio livello è medio e non è collocabile in modo preciso.
La vita di chi vive di cultura è difficile, si deve essere allo stesso tempo autore, manager, sponsor… il tutto cercando di destreggiarsi tra gli aspetti della propria vita personale e lavorativa.
Come inizia il tuo processo creativo?
Parto sempre dalla superficie, dalla tela.
Una tela bianca fa paura, terrorizza, quindi le do una vita, un colore, tutto attraverso l'under painting, successivamente procedo a scurire. L’idea è di riempire un grosso vuoto creando un movimento dell’invisibile: spesso in mente ho l’idea di comporre con delle linee, creare un contrasto di colori chiari e scuri, mi lascio trasportare, vado per tentativi e stratifico. Una cosa che faccio spesso è quella di lavorare sul bagnato, sul fresco, anche rompendo la superficie stessa, anche se è una cosa che ho accettato col tempo: ci sono degli errori che non considero ormai neanche più errori, ma semplicemente parte del processo, cosa che contribuisce a creare un interessante gioco di texture. Considero la mia arte molto istintuale, come un disegno terapeutico, uno stimming che utilizza una tecnica legata alla sensorialità del produrre, che sia essa visiva o tattile. Quello che mi guida è la fretta, il bisogno di fare le cose alla svelta.


A cosa si deve scelta di sperimentare con varie tecniche?
La tecnica si impara finalizzandola ad un’idea, se fai solo prove è un mero esercizio di stile.
Ogni sperimentazione mi serve esprimere una determinata emozione in un determinato momento della mia vita; dall'installazione video alla pittura: ogni passo mi ha aiutato a veicolare un messaggio.
In accademia mi hanno suggerito spesso di specializzarmi per creare un mio stile: è un ambiente spietato, elitario, e gli insegnanti cercano di indirizzarti il più possibile verso la tua strada, in vista di un possibile futuro lavorativo.
Dopotutto l'artista deve finalizzarsi a delle modalità tecniche giuste per lui, lì sta la differenza tra artista e artigiano, tra la persona che lavora fisicamente e una che lo fa concettualmente. Io per ora sto mettendo piede in tante cose, ho avuto più relazioni aperte con tante arti, mi sto avvicinando sempre di più alla pittura, che per quanto si appelli al reale mantiene una certa distanza da esso; la trovo adatta all'astrattismo.
Nido
Cosa diresti alle persone che vogliono vivere di arte in Italia?
Alle persone che vogliono entrare nel mondo dell’arte suggerisco di informarsi costantemente, cercare il più possibile di essere consapevoli di se stessi ponendosi però degli obiettivi. Capiterà di “perdere”, sperare in una risposta che non arriva: è come urlare alla montagna. La speranza è quella di lavorare, essere percepiti per arrivare a qualcuno; come può capitare di essere fraintesi può anche succedere che le persone ti capiscano e apprezzino.
Una critica che sento di fare all'ambiente artistico italiano è che purtroppo rimane vincolato alla sfera economica: quando paghi puoi fare tutto, farti inserire in cataloghi di ogni tipo, anche con lavori formalmente infantili, fatti da mani inesperte. Alla fine risulta quasi una truffa agli artisti, quanti di quelli che vedranno le tue opere ti avranno capito davvero? Forse pochi.
Ritieni sia importante per gli artisti creare una comunità?
Certo, la base di tutto è comunicare: creare un tessuto. Come le grandi avanguardie sono nate al di fuori dei contesti istituzionali, penso per esempio alla Scuola Romana che trovava in un bar il suo punto di ritrovo, così ritengo che si dovrebbe fare arte oggi. L'importante è proprio creare una comunità, se non c’è il gruppo il manifesto chi lo fa? Il singolo pesa meno, il gruppo è forte. Io personalmente credo molto anche nella perdita della proprietà privata sull’opera in sé: condividere la tela con qualcuno e lavorare insieme, è un gesto più incisivo del lavorare in solitario.
Mi auguro per gli artisti di creare degli spazi di condivisione, per dialogare e confrontarsi, ma anche studiare e pensare a cosa si vuole trasmettere. Ci sono artisti che lavorano per tutta la vita da soli senza venire mai scoperti, allora mi chiedo: se qualcuno li avesse aiutati, guidati fuori dalla loro dimensione individuale? Magari ora ne parleremmo e godremmo delle loro opere. Penso alla me di tre anni fa, in stallo, e capisco quanto sia pericolosa la solitudine: capace di sovraeccitare la produzione artistica, ma anche di spezzarla. D'altronde, cos'è l'arte senza condivisione?
m.f.
Che bella intervista! Spazio ai giovani!!