Il surrealismo femminista di Germaine Dulac
- Francesca Viapiana
- 6 giorni fa
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Il 9 febbraio 1928 al leggendario Studio des Ursulines a Parigi, davanti ai principali artisti surrealisti - tra cui André Breton - viene proiettato per la prima volta La coquille et le clergyman, diretto da Germaine Dulac e basato su uno scenario di Antonin Artaud. Poco dopo l’inizio del film si scatena una vera e propria rivolta e molti surrealisti inveiscono contro la pellicola; dal pubblico arriva un insulto contro la regista: “Chi ha fatto questo film? Germaine Dulac? È una vacca!”. Non è chiaro chi sia stato a dirlo, se Breton o Artaud; non è chiaro nemmeno se Artaud fosse effettivamente presente. Alcuni sostengono che i surrealisti si fossero presentati alla proiezione con il solo scopo di attaccare Dulac. Inoltre l’opera è stata bannata dal British Board of Film Censors, in quanto così criptica da non avere senso.
Per comprendere la vicenda bisogna far luce su una figura spesso dimenticata dalla storia del cinema: Germaine Dulac.
La cineasta nasce nel 1882 ad Amiens, in Francia, con il nome di Charlotte Elisabeth Germaine Saisset-Schneider. Cresce a Parigi in una famiglia borghese: suo padre Maurice Saisset-Schneider è un generale militare e sua madre una donna istruita e sofisticata con una passione per le arti.
Nel 1905 viene costretta a sposare Albert Dulac, un agronomo socialista, poi romanziere. Mentre si avvicina al giornalismo, la futura regista sviluppa le sue idee politiche denunciando la situazione di subordinazione delle donne: si ribella così ai valori capitalisti e militaristi della sua famiglia. Lavora per la prima pubblicazione femminista di Parigi La Française, di cui poi diviene direttrice, che le permette di intervistare moltissime note artiste e di redigere critiche teatrali. In seguito, prende parte alla redazione di Le Fronde, una rivista di femminismo radicale, esplicitando ulteriormente la sua posizione politica.

È probabile che la sua relazione con Albert Dulac, un uomo di mente molto aperta, le abbia consentito quella libertà professionale e sentimentale che non avrebbe potuto avere da nubile. Nel corso degli anni la regista ha alcune relazioni sentimentali con donne: una di queste era l’attrice Stasia Napierkowska, fondamentale nel suo approccio al cinema e attrice in numerosi suoi film. Con la sceneggiatrice e amante Irène Hillel-Erlanger fonda nel 1920, dopo il suo divorzio, la casa di produzione DH Films, il cui nome fa riferimento alle iniziali dei loro cognomi. La relazione più lunga è con Marie-Anne Colson-Malleville che lavora come aiuto regista in molti suoi progetti.
Germaine Dulac arriva al cinema dalla letteratura e dal giornalismo, interessi che non abbandona mai grazie alla fondazione di cineclub che hanno l'obiettivo di sviluppare nell'opinione pubblica la sensibilità per il cinema. Tiene alcune conferenze e pubblica molti scritti cinematografici storici, teorici e critici, anticipando così la figura del critico-autore della Nouvelle Vague.

Il suo capolavoro è La sorridente signora Beudet, un film psicologico che fa uso di un innovativo e spregiudicato linguaggio e che critica la vita coniugale piccolo-borghese, fatta di noia e convenzioni. La protagonista in una scena del film guarda suo marito con disgusto, immagine che molti storici considerano un primo esempio di un punto di vista soggettivo femminile, svincolato dallo sguardo maschile. Inoltre, nelle sue opere vi è una rappresentazione quasi caricaturale del modo in cui gli uomini rappresentano le donne: per questo, retrospettivamente, si può parlare di female-gaze.
Parallelamente Dulac cerca un’alternativa alle pratiche cinematografiche dominanti volendo creare un cinema in quanto tale, basato esclusivamente sul ritmo visivo, slegato dai connotati narrativi e drammaturgici che definisce “cinema puro”.

Nel 1928 arriva dunque a realizzare La coquille et le clergyman: il film tratta di un sacerdote che, perseguitato da desideri sessuali repressi e ossessivi, insegue un generale con l'intento di sedurne la compagna. Dopo varie peripezie, reali o solo immaginarie, il suo desiderio non verrà realizzato e le sue pulsioni rimarranno negate.

Nonostante non sia possibile sapere con esattezza quello che è avvenuto la sera della proiezione, si possono indagare le motivazioni del malcontento verso la pellicola di Antonin Artaud, futuro teorizzatore del Teatro della crudeltà, leggendo i suoi scritti. La sua insoddisfazione risiede nella descrizione all’inizio del film: “Un sogno sullo schermo”; l’intento di Artaud non era quello di ricreare un sogno: cercava, invece, un’indagine crudelmente lucida del funzionamento della mente e del suo pensiero. Dal suo punto di vista Dulac ha fatto l’opposto, togliendo la forza alla sua sceneggiatura e trasformandola in una banalità cinematografica.
È insoddisfatto anche perché il film perde molto presto l'interesse del pubblico: un anno dopo, sempre allo Studio des Ursulines, viene proiettato Un chien andalou di Luis Buñuel che cattura tutta l’attenzione del cinema avanguardista. Si potrebbe dire che l’ottima accoglienza che riceve quest’ultimo film va effettivamente contro il desiderio dei surrealisti di causare scompiglio, cosa che invece l’opera di Dulac fa in modo plateale. In più è evidente, come sostiene Artaud, che La coquille et le clergyman sia il primo film surrealista e abbia influenzato la pellicola più famosa del movimento, quella di Buñuel, nell’utilizzo dei dispositivi filmici: le strutture temporali sono distrutte, si usano la materia onirica e shock visivi (tanto che per Artaud anche questo rappresenta un sogno, non il funzionamento del pensiero).
Tuttavia, la differenza sostanziale tra i due film risiede proprio nel punto di vista femminile e femminista di Germaine Dulac, nonostante in quest'opera, diversamente dalle altre che si concentrano sulle donne, è un uomo, il sacerdote, ad essere al centro della narrazione. È una figura sgradevole, bersaglio dello scherno dell'oggetto del suo desiderio: il ruolo sarebbe dovuto essere interpretato dallo stesso Artaud, ma è proprio Dulac ad impedirglielo, organizzando le riprese quando lui era impegnato sul set di La passione di Giovanna d'Arco di Carl T. Dreyer. La parte va invece ad Alex Allin che conferisce al personaggio una fisicità docile e in totale contrasto con la presenza affascinante e autorevole che avrebbe apportato Artaud. Inoltre, la donna di cui è ossessionato il sacerdote, interpretata da Génica Athanasiou, non è un oggetto del desiderio, né una donna-oggetto, ma è più una “forza del desiderio”. Non viene consumata dallo sguardo né del sacerdote, troppo debole per competere con lei, né dello spettatore. Ogni volta che egli tenta di catturarla, la regista interviene per salvarla dal tocco dell’uomo: quando Allin toglie la maglietta ad Athanasiou per rivelarne il seno, l’immagine viene quasi immediatamente sfocata; poi il suo petto viene brevemente rivelato di nuovo, per essere infine coperto da conchiglie. Tutti i tentativi di Allin – e quindi anche i nostri – di appropriarsi dell'immagine di Athanasiou vengono frustrati, grazie a tecniche di montaggio e sovrapposizione che Dulac applica per proteggere il personaggio di Athanasiou.

Entrambi i film di Dulac e di Buñuel contengono scene incentrate sui corpi erotizzati dei loro personaggi femminili, ma l'esecuzione di queste scene non potrebbe essere più diversa. In Un chien andalou, il personaggio di Mareuil cerca di sfuggire a un uomo che la sta palpeggiando. Lei lo respinge, ma lui non esita e tocca il suo seno attraverso la camicia che scompare, permettendoci di guardare tutto il suo corpo, tra i suoi tentativi di liberarsi. Invece il personaggio di Athanasiou sventa i tentativi del sacerdote di possederla e schernisce (ridendo, con la lingua fuori) l'uomo che la desidera così disperatamente.
Qualsiasi sia stato il motivo del caos avvenuto alla première del film di Germaine Dulac, ciò che resta è un film la cui potenza ha creato una scintilla che ha agitato gli animi e ha causato delle azioni violente da parte di uomini contro (un'opera di) una regista lesbica.
Durante la sua vita Dulac ha esplorato tematiche femministe e tecniche cinematografiche sperimentali, unendole in opere che hanno influenzato la storia del cinema. La sua estetica è stata considerata alternativamente impressionista, surrealista e avanguardista, ma, nonostante il suo talento, è stata quasi dimenticata dopo la sua morte nel 1942.
è incredibile che anche nelle avanguardie le donne non abbiano spazio!