Stefano Bises: decostruire miti attraverso il ridicolo
- Marta Frugoni
- 25 apr
- Tempo di lettura: 4 min
La curiosità è da sempre un motore per la conoscenza e una potente arma contro l’ignoranza.
Di questo è fermamente convinto lo sceneggiatore Stefano Bises, reduce dal successo della sua ultima opera M - il figlio del secolo, miniserie targata Sky Atlantic, diretta da Joe Wright e basata sul celebre romanzo di Antonio Scurati.
Nato come giornalista sportivo, Bises arriva alla sceneggiatura quasi per caso negli anni ’90, quando un amico gli propone di provare a scrivere qualche puntata della sitcom Rai Baldini e Simoni. La serie sarà un flop e verrà cancellata dopo una stagione soltanto, ma per lui è comunque un successo: comprende finalmente la sua vocazione a cui si dedicherà anima e corpo.

Nonostante la vena comica in parte presente nei suoi lavori successivi, con Gomorra - di cui cura la sceneggiatura dal 2014 al 2016 - Bises si sposta verso tematiche più sociali.
Lo sceneggiatore descrive la collaborazione con il regista Stefano Sollima “tanto appagante quanto faticosa” poiché forse “spesso mi capitava di scrivere per tutto il giorno a casa mia, a Roma, e andare la sera a Napoli per visitare le location che cambiavano di frequente”.
Di questa esperienza gli è cara soprattutto la dinamica dei complicati rapporti tra i protagonisti malavitosi di Cosa Nostra.

Alla fine, si tratta di rapporti famigliari, non è troppo diverso dalle opere shakespeariane in cui i fratelli si uccidono tra di loro, tradendosi e mentendo. Senza questo lato umano il mio compito sarebbe stato quello di descrivere una 'banale' sparatoria tra gangster. Stefano Bises
Lo stesso interesse attrae Bises verso la miniserie Esterno notte sul rapimento di Aldo Moro, grazie alla quale suggella un altro prolifico patto artistico, questa volta con il regista Marco Bellocchio.

In Esterno Notte la storia è narrata attraverso vari punti di vista e, secondo lo sceneggiatore, gli elementi universali sono quelli della tragedia greca:
C’è Francesco Cossiga, costretto a screditare pubblicamente il suo mentore a cui è legato come ad un padre - l’onorevole Moro - quando quest’ultimo supplica di negoziare con le Brigate Rosse… a prescindere dal contesto culturale in cui si ambienta la vicenda, ovvero l’Italia degli anni ‘70, si parla di un parricidio: al centro ci sono l’onore, l’amore e il dolore di una famiglia. Stefano Bises
Con Speravo de morì prima (Paolo Condò, 2021), serie tv sul ritiro di Francesco Totti, lo sceneggiatore continua a decostruire grandi miti popolari. Bises parla di “trovare la drammaturgia dove forse non c’è”. Il mito machista del gladiatore, da anni affibbiato al calciatore, si sgretola sotto i nostri occhi: Totti non è più “er capitano”, l’infallibile bomber dei mondiali 2006, ma diventa un semplice uomo, con le sue preoccupazioni e gli acciacchi fisici portati dall’età.

Questa “poetica dell’uomo comune” viene usata anche per approcciare un’opera ben più complessa: M - Il figlio del Secolo, alla quale Bises e il collega Davide Serino si dedicano dal 2018 al 2023, aiutati dallo stesso Scurati.
Nel 2018 ho ricevuto una copia del romanzo autografato dall’autore con la dedica ‘nella speranza di lavorarci insieme un giorno’, io non conoscevo Antonio (Scurati) e la mia prima reazione, oltre allo stupore, è stata il rifiuto: non avevo il coraggio di svolgere un ruolo così delicato.
Tuttavia, guardandomi intorno, cominciavo a notare, in Europa, un’aria sempre più tesa e una propensione verso i partiti di – estrema – destra. […] Mostrare la realtà dei fatti è diventato allora quasi un compito morale”. Stefano Bises

Par analizzare l’ascesa di Mussolini, Bises si serve di uno stratagemma narrativo che potrebbe servire anche a “deresponsabilizzare” lo stesso sceneggiatore: Luca Marinelli, l’attore protagonista, rompe la quarta parete comunicando direttamente con lo spettatore. In questo modo, il pubblico segue passo per passo l’ascesa del dittatore, rimanendo spesso assoggettato dalle sue parole e dimenticandosi chi ha davvero di fronte.
In molti mi hanno accusato di ridicolizzare la figura di Mussolini, semplificando la sua storia e le conseguenze del fascismo. Io penso invece che in Italia ci dimentichiamo spesso della tradizione tragicomica radicata nel cinema nostrano. Stefano Bises
Il collegamento con la commedia all’italiana degli anni ’50 - ’60 sorge infatti spontaneo e il personaggio scritto da Bises richiama subito i perdenti stile Alberto Sordi.
Se ci preoccupassimo di meno di suscitare stupore e pensassimo di più a screditare la propaganda per non cadere nella trappola del populismo, ci accorgeremmo che il ridicolo non toglie niente alla tragedia, ma anzi la potenzia. Stefano Bises
“Io sono come le bestie: sento il tempo che viene”, parole che, nonostante siano trascorsi più di cento anni, sono più attuali che mai: è responsabilità di tuttə, quindi, far sì che gli errori passati non condannino il nostro futuro.
M. F.
Come sempre sul pezzo. Evviva la curiosità